
Carmen Rita Busceti
Fino ad una manciata di ore fa studiavo. Contro ogni persona che continuava a ripetermi di tornare a casa, io studiavo. Leggevo di filosofi, pensatori, di persone che con teorie tramutate poi in pratica costruivano mattoncino dopo mattoncino la democrazia, il potere sovrano odierno. Hobbes parlava di un uomo che dopo aver vissuto per anni in uno stato di natura, dopo aver oscillato tra l’insoddisfazione per un desiderio di libertà inappagante, decideva di cedere parte della propria potenza e del proprio essere ad una persona artificiale: lo Stato. Questa cessione avveniva nel mondo dell’immaginazione secondo Spinoza, in quanto l’uomo immaginando di cedere parte della propria libertà ad una rappresentanza non la perdeva davvero, non se ne privava. Per questo motivo oggi l’uomo è ancora dotato di libertà di pensiero e di parola, dalle quali sono derivate poi tutte le altre.
Rimaniamo nel mondo dell’immaginazione. Chiudiamo gli occhi e immaginiamo un mondo che da un giorno all’altro viene stravolto da un virus scoperto pochi mesi prima in una realtà lontana ma non troppo. Immaginiamo che questo scateni in alcuni paura (la maggioranza), in altri l’incredulità. Immaginiamo che si diffonda, così rapidamente da incutere timore e preoccupazione ad ogni individuo, dal più potente al più povero. Immaginiamo una realtà ai tempi dei social, nella quale l’uomo pur avendo diritto di parola se ne priva perché più forte è la paura, più forte è la difesa di coloro che ne sono pieni. Immaginiamo una nazione in cui per prevenire la diffusione vengono attuate misure straordinarie: paesi con vie d’uscita o d’entrata bloccati, luoghi pubblici deserti, quarantene e occhi sbarrati al primo colpo di tosse.
Adesso possiamo anche riaprire gli occhi.
Questa realtà è l’Italia. Questa realtà è la mia, della mia città acquisita, in attesa della chiusura dei suoi confini. Ed io che fino a poche ore fa studiavo la conquista della libertà adesso me ne ritrovo privata. Non sono libera di tornare nella mia regione, di prendere un mezzo pubblico, di pretendere un esame universitario, di vedere la mia famiglia, i miei affetti, il mio mare. Non sono libera di starnutire mentre sono in fila al supermercato perché la sera prima ho preso freddo portando giù la spazzatura. Ma loro, gli altri, che incontro per strada con le mascherine, loro, questo non lo sanno.
È il 7 marzo 2020 ed io e la mia coinquilina siamo ancora qui. Abbiamo deciso di non tornare a casa, abbiamo sperato e forse sottovalutato la gravità della situazione. Sono le 23 e abbiamo da poco appreso la notizia che ogni nostro movimento potrebbe diventare impossibile e il nostro ritorno a casa potrebbe essere rimandato. Ancora una volta. Poche ore fa passeggiavamo in via Farini, assaporando un gelato dal sapore di sud, felici del pranzo che avremmo preparato per la Festa della Donna, tra le mura di una cucina piena di cibo comprato al supermercato che è diventato il nostro “stretto necessario”.
È il 7 marzo 2020 e questa democrazia assume i tratti di una dittatura, ma necessaria. D’Altronde lo diceva anche Machiavelli che “pertanto a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l’uomo”.
È il 7 marzo 2020 e io oggi più che mai ho fiducia nel mio Stato, perché nonostante tutto so che il suo unico scopo è salvaguardare la mia e la nostra incolumità. Queste costrizioni, queste misure oggi sono la bestia ma se saranno utili alla mia nazione, che bestia sia!
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