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La mia vita nel “Paese delle Rane”

Marzia Galasso

A te che stai per leggere queste parole sappi che ho trovato solo oggi il giusto stimolo per mettere in ordine la matassa che, dal 7 Marzo a oggi, si è aggrovigliata sempre più rendendomi incapace di trovarne il capo perché è accaduto un fatto capace di scuotermi, ma s’inizi dal principio.

La sera del sette ero nel letto accanto al mio ragazzo e, tra noi, il computer trasmetteva un film, toccava a me quella sera scegliere ed ero felice di poter condividere con Marco una delle tante “pellicole” (mi lascerai passare il termine lettore o lettrice?) che avevo visto e rivisito ma di cui mai mi sentirei stanca. Solita routine, film alle otto, pausa per le nove e poi si riprende fino alla fine ma, quella serata, non avrebbe mai avuto fine e l’intervallo si sarebbe trasformato in un vivido attacco di panico e nel pensiero ricorrente: “Devo tornare a casa”.

Ad aver scosso così profondamente i miei nervi è stata la bozza di un decreto, dove si elencavano le città che sarebbero rientrate nella nuova area rossa e lì, grassetto su bianco, spiccava Parma. Col telefono nelle mani tremanti, dalla stanza da letto, mi sposto in cucina, dove il mio ragazzo era andato a prendersi dell’acqua e gli comunico la notizia e il pensiero martellante si mutò in parole ripetute non so più quante volte quella fatidica sera. E qui, lettore o lettrice, mi fermo per una parentesi, io sono una studentessa fuori sede, pugliese di origine e trasferitami a Parma per frequentare gli ultimi due anni universitari, ma quella sera ero da Marco che vive nel “Paese delle Rane” (un piccolo comune vicino la grande città), ora ti chiedo qual è la casa cui tanto agognavo tornare?

Ci hai pensato? Bene allora ora posso continuare la mia storia. È a Parma che pensavo di voler tornare, per rivedere le mura del mio monolocale e tutti i suoi oggetti che raccontano la mia nuova vita qui al Nord. Prendere un treno era fuori discussione, il solo pensiero della possibile ressa alla stazione, della gente con cui sarei venuta a contatto, di quel che avrei potuto portare con me a Cisternino oltre la mia valigia semplicemente mi spaventava. Allora, come detto sopra, dopo un deciso attacco di panico, ho capito che è lì che sarei rimasta, nel “Paese delle Rane”, ma non senza aver tentato di raggiungere la mia casa prima.

Ti dico già che il monolocale l’ho rivisto quella sera, che armadio, bagno e frigo sono stati svuotati del necessario che mi poteva occorrere nella nuova sistemazione, oltre che dei testi di studio, qui mi dirai che sono folle lettore o lettrice, ma è stata la prima cosa su cui mi sono fiondata entrando dalla porta lasciata spalancata mentre, in strada, mio suocero attendeva paziente vicino l’auto lasciata in divieto di sosta. Eppure, sentirei di farti un torto a saltare il viaggio in macchina perché è stato quello il momento più doloroso e, anche solo a pensarci ora mentre scrivo, mi tramano le mani e mi scende qualche lacrima.

Con una fermezza che in quell’istante non avevo, ho chiamato mio padre, gli ho fatto mettere il telefono in vivavoce così che anche mia madre potesse ascoltare, ma loro sapevano già che la zona gialla era diventata rossa. Ho preso un respiro e ho ingenuamente pensato che spiegargli la mia decisione di restare e non partire avrebbe avuto un esito positivo, che si sarebbero complimentati per la scelta secondo me razionale, mai errore fu più duro da sopportare, un’ondata di recriminazioni si riversò su di me dall’altro lato della cornetta e la telefona si terminò con: “Te lo sei meritato”.

Ora, lettore o lettrice, è così sbagliato decidere di voler spiccare il volo e vivere la propria vita? O ancora meglio, è così sbagliato essere pronti a far del bene agli altri in qualsiasi momento e circostanza? Perché non ho deciso di restare qua come atto egoistico, ho pensato a loro, alla mia mamma e a mio nonno entrambi con seri problemi di salute e, al solo pensiero di scendere, mi sono vista come la Nera Mietitrice.

Il dolore di quelle parole non è ancora svanito, e sanno le mura di questa mia nuova casa temporanea le lacrime che ho versato e continuo a versare, fanno più male quelle parole dette da chi dovrebbe esserti sempre vicino che questo stato di cose attuali. E, nonostante il pianto non si fermi mentre scrivo queste ultime righe e le mani non smettono di tremare, oggi sento di non essermi sbagliata a voler restare, di non essere quella figlia degenere ed egoista che ho pensato fossi diventata in questi pochi giorni. Il virus è arrivato anche a Cisternino, questo è l’evento che mi ha spinto a scrivere queste parole, poiché viviamo in uno stato d’incertezza, dovremmo soltanto poter contare gli uni sugli altri sempre, per quanto difficile possa essere e, questa stasera, chiamerò i miei genitori, ma da parte non ci saranno recriminazione come lo è stato da loro, semplicemente gli racconterò delle mie giornate qui nel “Paese delle Rane”. 

IL CORONAVIRUS E NOI. FRA SUD E NORD… : leggi il diario

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