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I baci da lontano e le scuse per non avvicinarsi alla nonna

Giorgia Tocco

“Pronto?”

“Nonna sono io, oggi vengo solo per il pane poi scappo. Ho da studiare!”.

A Pauli Arbarei, il mio paesello di ormai non molti abitanti, è il quarto giorno di quarantena e io sono già a corto di scuse.
Fabio pranza a casa, mamma ha lasciato pronto, mi sono alzata tardi…Tutto per entrare il meno possibile in contatto con mia nonna: quella santa donna ne deve sopportare tante oltre alla cataratta che tormenta mio nonno, e farsi snobbare dall’unica nipote che le è vicina è sicuramente l’ultima cosa che desidera.
I miei nonni sono arzilli, anche troppo. Ogni mio velato tentativo di protezione viene esorcizzato da tre semplici parole: non succede niente.

Qui il tempo sembra non passare mai, e con esso le notizie. Tutti sembrano vivere in una insolita tranquillità, che ammetto mi abbia cullato parecchio, ma io imperterrita continuo a spiegare la situazione cercando di ingoiare il groppone che si ingrossa a ogni mio imperativo rivolto a mio fratello, impassibile, che aspetta sul divano di sedersi a tavola per mangiare con loro. “Poi te lo mando subito a casa dai, è appena tornato da lavoro! Non succede niente“.
A Pauli Arbarei questa calma mi innervosisce, queste parole altrettanto, perchè quasi ci credo.
“Va bene, ma stai attento. Io è meglio che torni, ci vediamo domani nonna”. Le mando un bacio da lontano, lei sorride e ridacchia come al solito.
Non succederà niente.

IL CORONAVIRUS E NOI. FRA SUD E NORD… : leggi il diario

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