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Come ci ha cambiati il coronavirus

Giuliana Presti

Oggi, dopo tre giorni di solitudine, vado a fare una corsetta al parco, la gente che incontro per strada da dieci metri di distanza comincia ad allontanarsi da me, chi aspetta l’autobus copre immediatamente la bocca al mio passaggio storcendo gli occhi, penso subito: “Forse dovevo starmene a casa?”, “Sto arrecando pericolo in qualche modo?” Che assurdità. Ma è giusto così, ci hanno detto di comportarci in questo modo, e la gente non ha torto.
Nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di poter vivere un periodo del genere, ed invece il 2020 arriva per sconvolgerci, e metterci davanti a un avvenimento tanto drammatico da sembrare inverosimile, inventato, un film!

Tutto ha inizio in Cina. Qualcuno scopre un virus che sta pian piano uccidendo molte persone. In Italia la notizia è ancora impalpabile, qualcosa che si vocifera, qualcuno suppone, nessuno s’informa, perché tanto non ci tocca personalmente.
“Cos’è questo virus cinese? “è stato trasmesso da un serpente, un pipistrello, o è solo frutto di un esperimento di laboratorio? “
Poi un giorno l’Italia si sveglia, si decide di prendere provvedimenti, si adottano delle misure: chiusi i voli da e per la Cina, controlli negli aeroporti a tutti i viaggiatori, si inizia a parlare di prevenzione (lavarsi bene le mani, non stare a stretto contatto con gli altri) ecc… e allora iniziamo a preoccuparci un po’ di più della questione ma neanche il tempo di cominciare ad informarci per bene che in Italia arrivano i primi casi, uno che in pochissime ore diventano dieci, dieci che in pochissimi giorni diventano cento.
Quello che prima era per noi solo “il virus cinese” ora ha un nome: Coronavirus, virus mai manifestatosi nell’essere umano prima dei casi segnalati a Wuhan, mentre “COVID-19” è la malattia che esso causa, termini che sentiremo fino all’estenuazione.
Cosa succede? Qualcuno ha sbagliato qualcosa?
Qualche cosa è andata storta. Senza dubbio è difficile riuscire a condurre una situazione tale per un governo impaurito per cui tutto questo è da affrontare per la prima volta. Governo che davanti a un’epidemia si permette degli sbagli, ma veramente poteva permettersi di sbagliare per qualcosa di così delicato?
Azioni efficienti ma non efficaci, ci verrebbe da dire.

Iniziano ad allarmarsi le prime regioni coinvolte, poi tutta l’Italia, da nord a sud. I ministri prendono nuovi provvedimenti, chiudono le scuole, creano nuovi numeri di telefono per fronteggiare qualsiasi richiesta ed essere disponibili in maggior misura, limitano le attività in cui vi sia il pericolo di creare ammasso di gente.
Agli inizi di Febbraio il medico Roberto Burioni durante un’intervista affermava che il rischio di contrarre il virus in Italia fosse pari a zero, grazie alla prudenza e alle giuste precauzione del ministro Speranza. Poche settimane dopo ci siamo ritrovati ad affrontare un’altra realtà.
Moltissima gente costretta alla quarantena preventiva, per periodi di tempo variabili, prima di sei giorni, poi di almeno quattordici, altra a sottoporsi al test, considerato inizialmente efficace a primo utilizzo, poi no.
Qualcuno è tornato dalla Cina, risultato negativo in aeroporto, mandato a casa e risultato positivo in seguito? Se si, questo sarebbe stato un grave errore e forse solo uno dei tanti.
L’Italia si rende conto di un secondo errore commesso. Subito dopo aver urlato emergenza a tutti i cittadini, fa i conti con il drastico calo della borsa. Nessuno esce di casa, negozi chiusi, non si viaggia, non si fanno acquisti. L’economia si arresta ed è la prima vera vittima di questo virus, questo è un grosso problema, cosa si fa? Si fanno passi indietro, si ridimensiona la situazione e si inizia a dire che non c’è più bisogno di indossare le mascherine e di preoccuparsi, la gente comincia allora a sentirsi stupida e a non capire più.
Il governatore della Lombardia Fontana il 23 Febbraio dichiarava: “Se degenera, possibile Milano come Wuhan”, poi si accorge di averla fatta grossa e allora con l’intento di rimediare, di nuovo “Niente allarmismi, è tutto sotto controllo”. Dopo, però, si becca lui stesso la quarantena perché la sua collaboratrice risultata positiva, e in videochiamata si fa ammirare mentre cerca di indossare nel modo corretto una mascherina chiuso dentro casa. Caos, tutti parlano di lui.

Insomma, cosa ci resta di tutta questa storia?
I dati di oggi: oltre 3 mila casi in Italia, e dopo due settimane di chiusura di alcune università, decisione di prolungarla almeno fino a metà Marzo e questa volta per tutta Italia, comprendendo anche le scuole. Qualcuno non ce la fa più, soprattutto i fuorisede come me, ma si cerca di mantenersi impegnati. Qualche libro in più da divorare, qualche ricetta da provare, gli allenamenti a casa, zapping tv. Una quotidianità completamente diversa, a cui dobbiamo adattarci a tutti i costi. Ci manca l’università, le lezioni, andare al cinema o in biblioteca.
Oggi siamo preoccupati, di non saperne abbastanza, di ricevere informazione frastagliate e che mutano continuamente, preoccupati per i nostri genitori, i nostri nonni soprattutto, e anche di non poter tornare a casa per il pericolo di essere costretti in quarantena o contagiare qualcuno. Nonostante la preoccupazione però, speranza e ottimismo non ci abbandonano, ci adeguiamo alle decisioni prese e ci impegniamo personalmente a prevenire il contagio col desiderio che tutto possa tornare come prima il più presto possibile.

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