
Michela Dalla Benetta
Scocca la mezzanotte, è l’8 marzo. Squilla il telefono, un messaggio.
“Amore… Hanno chiuso le province… Scusa, non so se hai letto…”
Un messaggio che arriva dalla provincia di Padova, una zona che stanotte si è colorata tutta di rosso. Venezia, Treviso, Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Asti, Alessandria, Pesaro e Urbino, Rimini, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e tutta la regione della Lombardia.
Nella mattinata di venerdì 21 febbraio sono scappata involontariamente da Parma. Con il mio solito scetticismo, non mi sono preoccupata troppo della situazione, che invece è scoppiata nelle ore successive. Non c’erano ancora casi in Veneto quando sono salita in macchina per tornare a Vicenza. Nel bagagliaio c’era una piccola valigia con lo stretto necessario per il weekend, perché ero convinta che sarei tornata lunedì per le lezioni all’università. Invece, da più di due settimane stiamo assistendo alla crescita del contagio, alla scelta di adottare misure drastiche ma necessarie.
Avevo paura di aver portato il virus ai miei familiari: mi sono chiusa in camera e mia madre mi ha convinta ad uscire dopo mezza giornata. Tutti mi hanno tenuta scherzosamente d’occhio per i giorni successivi, ma rassicurata con amore.
La chat con le coinquiline si è riempita di messaggi, perché il nostro unico desiderio di ritrovarci nella nostra amata Parma è svanito. La casa dove è nata la nostra amicizia per un po’ sarà vuota. Sono in due ad essere in zone rosse. Ognuna racconta i suoi timori, ma ogni tanto qualche discorso riporta la leggerezza, come se fossimo tutte di nuovo nella cucina della nostra casa di Parma a ridere e scherzare. Lo stesso con colleghi e amici: conoscere nuove persone vuol dire anche dover accettare nuove distanze.
Il mio pensiero va a chi non può tornare a casa, a chi non può spostarsi da dove è, a chi non può incontrarsi. A chi è da solo in questo momento difficile. Per un po’ non basterà il metro di distanza, dovremo mettere un po’ di km tra le nostre vite. Mi immagino i protagonisti del murales di Tvboy, realizzato a Milano: i due protagonisti de “Il bacio” di F. Hayez forse non potranno vedersi fino alla fine dell’emergenza. Amuchina e mascherine non basteranno, metteranno un metro tra di loro e per un po’ non ci sarà nessun contagioso abbraccio.
Ma #italianonsiferma, prende delle (si spera giuste) precauzioni. Un appello alla responsabilità di ognuno, alla bontà e alla solidarietà di tutti a resistere evitando ogni altra follia, perché già troppi avvenimenti hanno contrassegnato le ultime settimane. Questo non solo per chi subisce le decisioni del governo, ed è costretto a vivere in situazioni difficili, ma anche a chi deve comunicare i cambiamenti che avvengono nell’arco di poche ore e mi riferisco ai giornalisti. In queste settimane ho capito di aver intrapreso un percorso difficile. È cresciuta la stima verso chi non ha provocato panico e allarmismo, a chi si attiene ai fatti, ai dati, alle fonti. Stanotte il caos di Milano è stato provocato dalla bozza del nuovo decreto. Ripeto, la bozza. L’amore, in tutte le sue molteplici forme, è messo a dura prova ai tempi del coronavirus.
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